E’ in arrivo Popular Problems!

Il tredicesimo disco da studio di Leonard Cohen, “Popular Problems”, è annunciato in uscita il 23 settembre, 2 giorni dopo l’ottantesimo compleanno del Maestro.
La track list completa dell’album è già disponibile sul nostro sito, così come anche il testo completo dell’unica canzone fin qui pubblicata, “Almost About the Blues”.

Nasce la Cátedra Leonard Cohen

Nasce, presso l’Università di Oviedo la “Cátedra Leonard Cohen, Premio Príncipe de Asturias de las Letras 2011″.

Fwd_ Re_ portada web cambio nuevo subtítulo

La cattedra, finanziata dallo stesso Leonard Cohen con l’importo attribuitogli in occasione del riconoscimento (50.000 euro), si pone come obiettivo di contribuire alla conoscenza e alla diffusione dell’opera dell’artista canadese e di alimentare la creatività poetica e musicale nella società asturiana dal punto di vista sia formativo che divulgativo.

Potete leggere il comunicato nella sua interezza qui.

La biografia di Leonard Cohen a Luccalibri (9 luglio)

La libreria Luccalibri (Corso Garibaldi 54, Lucca – tel 0583 469627) ha organizzato una presentazione della biografia I’m Your Man – Vita di Leonard Cohen di Sylvie Simmons (Caissa Italia 2013) in grande stile.

Cohen Londra LC verde
L’evento, che vedrà sul palco il Prof. Renzo Cresti (docente presso il Conservatorio di Lucca, di cui è stato anche direttore, e direttore del festival Barga Jazz, nonché autore di diversi testi di critica e storia della musica) e Yuri Garrett (editore e traduttore della biografia di Leonard Cohen) sarà anche un’occasione di ritrovo per i fan più longevi di Cohen.
L’appuntamento per tutti è alle 17 di martedì 9 luglio, per uno spettacolo che durerà due ore circa, con reading dalle opere di Cohen, ascolto dei suoi grandi successi e lettura e discussione di I’m Your Man.
L’antipasto perfetto per il concerto di Cohen che seguirà poche ore dopo…

I’m Your Man – Recensione della biografia di Leonard Cohen di Sylvie Simmons a cura di Chiara Meattelli

Recensione della biografia di Leonard Cohen di Sylvie Simmons a cura di Chiara Meattelli

E COHEN ANDÒ ALLA GUERRA COME IL CHE

LA VERA VITA DEL POETA CANADESE
Simmons racconta episodi sconosciuti in una biografia: come quando l’artista si vestì da Guevara alla Baia dei Porci

LONDRA. Chi avrebbe mai immaginato un Leonard Cohen ventiseienne, già autore di poesie di successo, che durante la crisi di Cuba si veste da Che Guevara e parte per la Baia dei Porci? «Voleva mostrare solidarietà ai socialisti rivoluzionari. Ma sua madre lo rintracciò, con l’aiuto di un amico all’ambasciata, e lo fece tornare dritto a casa, come fosse un bambino dispettoso» racconta sorridendo Sylvie Simmons, celebre giornalista e autrice di I’m Your Man: Vita di Leonard Cohen (Caissa Italia Editore, 480 pagine, 25 euro). Un viaggio nella vita dell’artista che sarà a Roma il 7 luglio e a Lucca, al Summer Festival, il 9.
Nello stesso capitolo racconta un’altra storia sconosciuta: Cohen aiuta un poeta scozzese eroinomane a fuggire di galera, lo nasconde nella sua casa e resta vittima di un’overdose d’oppio.«Era attratto dalla vita ribelle, ma dentro di sé sapeva di essere di buona famiglia» spiega l’autrice. Più che una biografia, il libro della Simmons è la lettura definitiva
sulla vita del poeta e cantautore canadese. Non solo perché è ricco di aneddoti, ma soprattutto perché investiga la psicologia nascosta dietro ogni scelta dell’artista.
«Cohen ha un modo molto intelligente di evitare di rispondere pienamente alle domande» spiega la Simmons, che negli anni ha avuto modo di parlare con l’autore di canzoni immortali in numerose occasioni, guadagnandosi la sua piena fiducia e l’approvazione per il progetto. «Per questo l’ho interpellato solo nell’ultima fase di scrittura, quando avrei potuto mettere insieme tutti i pezzi del puzzle».
Per tre anni la Simmons ha viaggiato in ciascuno dei luoghi calpestati da Cohen e ha intervistato 110 tra amici ed ex fidanzate del musicista. «Non ho parlato con tutte le sue donne, altrimenti ci sarebbe voluto un tomo gigante solo per quello; non ero alla ricerca di gossip». S’impara che Suzanne Elrod, la madre dei figli Adam e Lorca,non è la protagonista della celebre canzone. Con Joni Mitchell ha avuto una storia ma non è riuscito a conquistare Nico dei Velvet Underground. Marianne Ihlen, la stessa di “So Long Marianne”, spiega invece gli stati d’animo che hanno portato Cohen, allora autore
diromanziedipoesie,ad avviare una carriera da musicista. Si fa luce anche sull’interpretazione delle canzoni di amore, morte, perdita, desiderio, religione. Cohen viene da una famiglia ebrea tradizionalista e diventa un monaco buddista ma scopriamo che alcuni versi di “Famous Blue Raincoat”, uno dei suo brani più intensi e toccanti, fanno riferimento a un suo interesse per Scientology. «Per Cohen la religione non è altro che una ricerca filosofica» spiega la Simmons,nata  aLondra e trapiantata a
Los Angeles (in realtà vive a San Francisco, NdR), dove vive anche il soggetto del suo libro. Fra gli aneddoti più curiosi c’è quello di Cohen ragazzino che impara tecniche di ipnosi: così riesce a far spogliare davanti ai suoi occhi la tata di famiglia. Più noto è l’episodio del concerto all’Isola di Wight, quando utilizza lo stesso potere per calmare un pubblico su di giri che dava fuoco al palco. «A volte sembra che riesca ad ipnotizzarti senza nemmeno guardarti negli occhi» spiega la Simmons. «Deve essere il modo calmo con cui parla, le frasi pigre e piene di pause».
Nel 1993, quando era prossimo al matrimonio con la modella Rebecca De Mornay (in realtà è un’attrice, NdR), mollava tutto per ritirarsi in un monastero buddista tra le sperdute montagne dietro Los Angeles per 5 anni con il maestro e amico Roshi. «Fuggiva dalle responsabilità di musicista e di marito».Ma per vincere del tutto la depressione se ne è dovuto andare in India con un nuovo maestro. Il ritorno sulle scene del 2008 fu costretto dalla bancarotta ma ora che potrebbe godersi la pensione a 79 anni, Cohen non ha alcuna intenzione di smettere. È una sorta di parabola biblica, come suggerisce la Simmons: «Kelley Lynch, la manager e amica fidata che lo deruba di ogni risparmio, è Giuda e Cohen è ilGesù tradito e crocifisso che torna e inizia la sua religione».
Così la Simmons che pensava,erroneamente avere concluso il libro nel 2010, si è trovata un invito da parte di Cohen ad ascoltare l’ultimo album “Old Ideas”. «È ringiovanito: prima era ricurvo come se fosse schiacciato dalla vita, ora è dritto, slanciato, fa yoga tutti i giorni e sorride sempre».Basta vederlo saltellare sul palco dopo tre ore di concerto per capire cosa intende. Ma soprattutto, insiste la Simmons, ha vinto la battaglia con la depressione e la risposta del pubblico adorante nelle arene sold out di tutto immondo, ha dato nuovo senso alla sua vita.Non ha perso nemmeno il suo proverbiale fascino: «Nel backstage gli girano intorno donne bellissime. Ma lui è in una fase diversa della sua vita e già lavora a un nuovo album».
(originariamente pubblicato su Il Secolo XIX di giovedì 20 giugno 2013)

Cohen Live – Londra 21.6.2013 (recensione)

LeonardCohen.it è stato a Londra, per l’atteso ritorno di Leonard Cohen a cinque anni di distanza dal concerto del 2008 che avrebbe poi dato vita a uno dei più fortunati album live del nuovo millennio, Live in London.

La O2 Arena, che presidia la penisola di Greenwich, ed è facilmente accessibile dalla Jubilee Line della metropolitana di Londra (fermata North Greenwich), era ovviamente stracolma. 23.000 persone in semplice adorazione del maestro.

La band che accompagna Leonard è la solita, ottimamente rodata: Roscoe Beck al basso e alla direzione musica, Neil Larsen alle tastiere e all’organo, Rafael Bernando Gayol alla batteria, Mitch Watkins alla chitarra elettrica, l’irresistibile Javier Mas alla chitarra classica (e, naturalmente, bandurria, oud e liuti vari), Alex Bublitchi al violino, Sharon Robinson, Charley e Hattie Webb come voci soliste e di accompagnamento.

Cohen Londra tuttiTentare di rendere giustizia a questo fenomenale insieme di musicisti è praticamente impossibile. Ci prova Leonard per tutto il concerto, ricordando ad esempio che Neil Larsen è a sua volta un compositore eccelso e sopraffino, oltre ad essere una vera e propria autorità in materia di organo Hammond B3; oppure, presentando il fedele compagno d’armi (o forse dovrei dire “d’Army”) Roscoe Beck, quando ricorda che lo strumento che ha in mano è un basso a cinque corde da lui appositamente progettato e suonato; o quando chiama “professore” Mitch Watkins, riferendosi ai suoi trascorsi di docente nel natio Texas. Ma non c’è elemento che non spicchi per qualità musicali: Gayol è ritenuto un orologio vivente, le sorelle Webb sono musiciste sopraffine, Bublitchi viene presentato come il “principe del violino”; Sharon Robinson, oltre ad avere una voce calda e intensa, è da anni la principale collaboratrice di Leonard; per Javier Mas non servono parole, né ne esistono: l’unico modo per capirlo è ascoltarlo, e rimanere meravigliata di fronte ai suoi pizzichi. Tutti insieme poi sembrano essere usciti dritti dritti dall’orecchio di Dio, o meglio, come direbbe Leonard, di D-o.

Cohen Londra chiaro

L’apertura non regala sorprese. Leonard da anni ormai apre i suoi concerti con le stesse 3-4 canzoni e non c’è motivo per variare, tale è la semplicità con cui Dance Me to The End of Love e The Future ti portano dritto al cuore delle composizioni coheniane. La sorpresa semmai è negli arrangiamenti, più essenziali e meno barocchi rispetto al tour dello scorso anno – un tratto molto evidente soprattutto nella resa di Bird on a Wire. Dopo la metafisica Who By Fire, introdotta dallo splendido assolo di Javier Mas, Leonard “gioca” con Darkness, sempre più blues, e si diverte a rimodellarne il testo, entrando subito nel vivo della canzone. Con la ritmatissima Lover, Lover, Lover il pubblico si accende, vorrebbe cominciare a muoversi un po’, ma è troppo presto: Cohen abbassa subito i toni con un altro classico del suo repertorio, la recitazione di A Thousand Kisses Deep, seguita dalla chiusura mistica di quella che è e resta uno dei suoi pezzi più intensi, Anthem.

Cohen Londra LC4A questo punto, chi ha già visto Leonard in concerto sa che il meglio, incredibilmente deve ancora arrivare. A quasi ottant’anni, infatti, è nella parte finale di un concerto che dura quasi tre ore e mezzo che Cohen da il meglio di sé – come un diesel d’annata o un buon vino da pasto. L’introduzione a Tower of Song è giocosa, come suo solito. Leonard introduce il pubblico alle meraviglie della sua tastiera, si compiace di avviarla spingendo un sol tasto, resta impalato ad ammirarla mentre suona da sola. Poi attacca a cantare e si ferma prima della strofa più famosa della canzone. “Pensate che sia tutto quel che so fare?” e ridendo come un bambino “costringe” la tastiera a un cambio di ritmo per poi ha strusciare il gomito sulla tastiera e commentare: “Visto fin dove si può spingere un uomo?!” Naturalmente, lo stesso beffardo sorriso si è stampato subito dopo sul suo viso alla ripresa della canzone: “I was born like this, I had no choice, I was born with the gift of a golden voice”, verso sottolineato dall’immancabile risata del pubblico.

Cohen Londra Tower of Song
Leonard comincia a sciorinare i suoi classici, con l’immancabile Suzanne, la sempre allegra Heart With No Companion, la combattente The Partisan, con il contrabbasso di Roscoe Beck ben in evidenza.

Cohen-Londra-Roscoe-BeckA questo punto Leonard tira un po’ il fiato, cede il microfono a Sharon Robinson per una versione da brivido di Alexandra Leaving, prima di chiudere il secondo set con un crescendo che lascia senza fiato: prima il classico romantico-pop I’m Your Man, eseguito con l’energia di un ventenne e l’astuzia di un settantenne più che navigato, con Cohen che si esalta nei diversi ruoli che via via si va assegnando per compiacere la sua donna, o meglio la donna di tutti, la donna ideale; poi una versione asciutta, spirituale e intensa di Hallelujah, in verità la più bella ch’io abbia mai ascoltato, e infine il terzo tempo di Take this Waltz.

Cohen Londra inginocchiato verde
Leonard lascia il palco ma tutti sanno che tornerà. E infatti lui non tiene nemmeno alta la suspense. Appena il tempo di scendere e risalire le scalette ed è di nuovo al centro del palco, pronto come sempre a scappellarsi davanti ai suoi musicisti, a guardarli rapito mentre suonano, ad inginocchiarsi verso il suo pubblico. Riattacca con una versione molto coinvolgente di So Long Marianne, e perfino la compostissima O2 Arena comincia a cantargli dietro (fin lì era stata in quasi religioso silenzio), ad alzarsi in piedi per una lunga standing ovation che durerà per tutti e sei i pezzi del lunghissimo encore. Il ritmo rallenta nuovamente per Going Home, anch’essa “alleggerita” di qualche strofa, e poi risale con la battagliera ed accelerata First We Take Manhattan.

Cohen Londra LC BublitchiQuando, dopo aver lasciato alle sorelle Webb il compito di cantare suonare If It Be Your Will accompagnate da chitarra e arpa, Leonard chiude il concerto con Save The Last Dance For Me dei Drifters, c’è della malinconia nell’aria. Sono passate quasi quattro ore dall’inizio del concerto, eppure nessuno sembra averne avuto abbastanza.

Cohen Londra Webb sisters
SCALETTA COMPLETA

PRIMO SET
1. Dance Me to the End of Love
2. The Future
3. Bird on a Wire
4. Everybody Knows
5. Who by Fire
6. Darkness
7. Ain’t No Cure for Love
8. Amen
9. Come Healing
10. Lover, Lover, Lover
11. A Thousand Kisses Deep (recital)
12. Anthem

SECONDO SET
13. Tower of Song
14. Suzanne
15. Sisters Of Mercy
16. Heart With No Companion
17. Waiting for the Miracle
18. Anyhow
19. The Partisan
20. Alexandra Leaving (cantata Sharon Robinson)
21. I’m Your Man
22. Hallelujah
23. Take This Waltz

ENCORE
24. So Long, Marianne
25. Going Home
26. First We Take Manhattan
27. Famous Blue Raincoat
28. If It Be Your Will (cantata dalle Webb Sisters)
29. Save the Last Dance for Me (cover dei Drifters)